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Non si può morire così...
Stefano Frapporti era un muratore di 48 anni. Il 21 luglio 2009 andava in giro in bicicletta quando è stato fermato da due carabinieri in borghese per un'infrazione stradale. Portato in carcere perché sospettato di spaccio non uscirà mai vivo dalla cella.

Questo blog nasce dalla volontà della famiglia di ottenere chiarezza su quel che è successo a Stefano e per chiedere che venga fatta giustizia.



ASSEMBLEA PUBBLICA TUTTI I MARTEDI' DALLE 20.00 ALLA SEDE DELL'ASSOCIAZIONE "STEFANO FRAPPORTI" IN VIA CAMPAGNOLE 22.

lunedì 16 novembre 2009

Di carcere si continua a morire

Con la morte di un detenuto di 47 anni avvenuta nel carcere di Tolmezzo sabato scorso, salgono a 64 i suicidi registrati nelle carceri italiane nel solo 2009. È il numero più alto registrato a partire dal 1990 (solo nel 2001, ma nel corso di dodici mesi, il numero fu simile).
Viene così confermato un dato atroce: all’interno delle carceri ci si toglie la vita 15-17 volte più di quanto accada tra la popolazione non reclusa. Non solo: mentre all’interno della società italiana, la frequenza di suicidi è maggiore nella fascia di età oltre i 65 anni, in carcere la percentuale più alta di suicidi si trova nella classe d’età tra i 18 e i 24 anni. Ancora: oltre la metà di coloro che si tolgono la vita, lo fanno nei primi sei mesi di reclusione, (spesso di prima reclusione) a dimostrazione del fatto che la causa principale è rappresentata dall’impatto brutale con un universo sconosciuto, con le sue gerarchie informali, con le sue regole ignote, con la sua logica indecifrabile. Infine, c’è una correlazione stretta tra frequenza dei suicidi e istituti particolarmente sovraffollati. Da tutto ciò viene la conferma che il carcere costituisce un luogo che produce sofferenza e alienazione, solitudine e morte.

di Luigi Manconi - Presidente di A Buon Diritto


I nostri governanti:
«Ci sarebbero i suicidi anche se mettessimo i detenuti in un hotel a cinque stelle…».
Ignazio La Russa - 19 novembre 2009

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