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Non si può morire così...
Stefano Frapporti era un muratore di 48 anni. Il 21 luglio 2009 andava in giro in bicicletta quando è stato fermato da due carabinieri in borghese per un'infrazione stradale. Portato in carcere perché sospettato di spaccio non uscirà mai vivo dalla cella.

Questo blog nasce dalla volontà della famiglia di ottenere chiarezza su quel che è successo a Stefano e per chiedere che venga fatta giustizia.



ASSEMBLEA PUBBLICA TUTTI I MARTEDI' DALLE 20.00 ALLA SEDE DELL'ASSOCIAZIONE "STEFANO FRAPPORTI" IN VIA CAMPAGNOLE 22.

giovedì 31 dicembre 2009

Replica rappresentazione teatrale

A grande richiesta verrà riproposta la rappresentazione teatrale probabilmente il 21 gennaio 2010 , la conferma verrà tra breve . Colgo l'occasione per ringraziare tutte le persone che si interessano al caso e che dedicano molto del loro tempo per ricordare Stefano.

martedì 29 dicembre 2009

Solidarietà ai detenuti in lotta

In quanto importante gesto di solidarietà alle lotte dei detenuti che si battono per denunciare le inaccettabili condizioni di vita all'interno delle carceri del nostro Paese, e anche per ricordare le sempre più numerose morti - "sospette" e non - che quasi quotidianamente avvengono al loro interno, nelle caserme e nelle strade, per mano della violenza di Stato, ricordiamo lo sciopero della fame di Evelin e Mike, iniziato lo scorso 20 dicembre e che si concluderà il 1 gennaio.
Mike ed Evelin - che attualmente si trovano agli arresti domiciliari - hanno deciso di aderire a questa protesta così estrema e "passionale", manifestando in questo modo la loro vicinanza a chi si batte, dentro e fuori le gabbie di Stato, contro il sovraffollamento e le condizioni disumane ed inaccettabili che nel "pianeta carcere" regnano sovrane!

Rassegna stampa della rappresentazione su Stefano

Dramma e morte di «Cabana» tra dubbi e sospetti

Sono passati cinque mesi da quando Stefano Frapporti, operaio edile incensurato, è morto nella cella numero cinque della casa circondariale di via Prati. Poche ore prima era stato arrestato dai carabinieri con l’accusa di detenzione ai fini di spaccio di hascisc e una volta portato in carcere si è tolto la vita. Da quel giorno, la famiglia e i tantissimi amici di «Cabana» cercano di tenere vivo il suo ricordo e chiedono che sia fatta giustizia, che si trovi una spiegazione a quella morte assurda e alla dinamica che ha condotto dietro le sbarre un uomo di quasi cinquant’anni che mai ha avuto a che fare con la giustizia. Ieri sera, proprio per fornire una spiegazione diversa da quella affidata ai verbali dei carabinieri e della polizia penitenziaria, alla sala Filarmonica la tragedia di fine luglio è stata messa in scena con contributi filmati e testimonianze.

Quelle ultime ore di vita di Stefano Frapporti, che lasciano ancora inevasi moltissimi interrogativi, sono dunque diventate una pièce teatrale, una rilettura recitata che abbraccia un arco di tempo che va dal controllo dei militari in borghese fino all’impiccagione in carcere.

L’idea è venuta ad un ex insegnante di diritto in pensione, Fabio Tittarelli, romano con radici trentine, e la rappresentazione ha richiamato alla Filarmonica il pienone delle grandi occasioni. La sala, infatti, era gremita a testimonianza delle tante persone che conoscevano, stimavano e amavano «Cabana».

In scena sono state palesate le incongruenze dei verbali ufficiali delle forze dell’ordine e sono state rilette quelle ore senza spiegazione da varie angolature. La rappresentazione è stata volutamente condotta da attori non professionisti, amici di Stefano che, pur magari non recitando da premio Oscar, hanno avuto il merito di rendere più reale il testo perché narrato con il cuore e non solo con la mente. Oltre alla recita, ampio spazio è stato concesso alle ricostruzioni grafiche del vari movimenti di Stefano, non tanto per fornire un’altra verità ma per esaltare il dubbio e i tanti omissis che l’intera vicenda contiene e che, si augurano autori e familiari, possano un giorno essere chiariti.


L'Adige, 23/12/2009


La fine di Frapporti raccontata sul palco

Non sono attori, ma il modo in cui si sono calati nella parte è impressionante. Il gruppo di lavoro che ha interpretato ieri alla Filarmonica le ultime ore di Stefano Frapporti ha dato il massimo, mettendoci tanta passione civile. La sceneggiatura, stesa dal romano Fabio Tittarelli, è basata in buona parte sui verbali dei carabinieri e delle guardie carcerarie relativi alla sera del 21 luglio, quando Frapporti venne arrestato. Poche ore più tardi, qualche minuto dopo la mezzanotte, il muratore era morto. Impiccato in cella. Incensurato, 49 anni, Stefano Frapporti era stato arrestato per possesso di hashish: perquisendolo dopo averlo fermato per strada, i carabinieri non gli avevano trovato adosso nulla, ma in casa - questo si legge sui verbali - emerse oltre un etto di “fumo”.

La sua storia, la storia di quelle drammatiche ore, è diventata una rappresentazione in un unico atto, nel quale recitano gli amici del muratore scomparso, coinvolti nei diversi ruoli: due carabinieri, che alla bisogna diventano guardie del carcere, Stefano e il medico che ne constata la morte. La vicenda viene interpretata leggendo in controluce ciò che dicono - o omettono di dire - i verbali.

L’impressione è forte, perchè dalle striminzite righe stese da carabinieri e guardie è possibile inferire di tutto: quello che pare il significato letterale a una prima lettura può nascondere uno scenario diverso. A volte molto diverso, perché a giudizio degli amici e dei parenti di Frapporti peristono molti dubbi sulla consequenzialità dei racconti, sulla loro coerenza. Dubbi che partono dal momento in cui Frapporti viene bloccato in via Campagnole da due carabinieri in borghese: la versione che si legge sui verbali racconta fatti diversi da quelli a cui hanno potuto assistere alcuni passanti, conoscenti di Stefano che in quel momento si trovavano proprio lì davanti. Certe incongruenze del racconto ufficiale vengono sezionate dal testo teatrale: si mostra in tempo reale cosa dicono i verbali e cosa si può capire tra le righe, alla ricerca della verità. Se la verità giudiziaria è che Stefano si è ucciso in carcere e che non ci sono responsabilità di terzi (il pm De Angelis ha già richiesto l’archiviazione dell’indagine sulla morte), la sua famiglia e i suoi amici sono convinti che se non fosse stato arrestato, “Cabana” (il soprannome con cui Frapporti era conosciuto) sarebbe ancora tra loro. L’essere stato trattato da delinquente dopo una vita dedicata al lavoro, senza mai aver infranto la legge - se si eccettua una multa per una banale infrazione al codice della strada qualche anno fa -, deve averlo ferito in modo irreparabile. Al punto di spingerlo a farla finita.

Nello spettacolo, creato su quello che doveva essere un dossier tecnico sulla vicenda, tutto ciò emerge. «Mostriamo delle ricostruzioni possibli - ha spiegato Tittarelli -, alcune sono più estreme e non è detto che rappresentino la realtà. Ma i dubbi che abbiamo sono ancora molti». E sono destinati a rimanerlo, visto che la rappresentazione non cambia lo stato delle cose. «Per noi però - racconta Romeo, che sul palco fa la parte di Stefano - è stato molto bello lavorare assieme, ritrovarci come gruppo di amici. Con alcuni ci si era persi di vista, ora tanti rapporti si sono riallacciati». L’eredità affettiva di Stefano diventa indagine sulla sua fine, e l’indagine spettacolo. Per non arrendersi all’oblio. E ieri in tanti hanno seguito la prima alla Filarmonica controllata da un buon numero di agenti.


Il Trentino, 23/12/2009

sabato 12 dicembre 2009

I FAMILIARI DI STEFANO CONTESTANO LA RICHIESTA DI ARCHIVIAZIONE DA PARTE DEL PROCURATORE DOTT. DE ANGELIS

Sin dall’inizio di questa tragica vicenda noi abbiamo espresso pubblicamente la nostra dubbiosità sull’operato della giustizia, ma in fondo un filo di speranza rimaneva comunque.

Ora anche quel filo è svanito.

Leggendo le motivazioni con le quali è stata richiesta l’archiviazione al caso da parte del dott. De Angelis ci sentiamo veramente delusi, sfiduciati, ma soprattutto offesi per quello che ci è stato accreditato. Così scrive il procuratore: “le considerazioni elencate nella memoria depositata nell’interesse dei fratelli di Frapporti Stefano in cui per un verso si sostiene in punto di diritto l’illegittimità dell’arresto e per altro verso, addirittura, si insinua, in punto di fatto la commissione di gravi delitti ad opera dei carabinieri, con allusioni che rasentano i limiti della calunnia”.

Riguardo a queste considerazioni, ci teniamo a precisare che il nostro comportamento è stato dall’inizio fin troppo corretto, ma rimane evidente che colpiti da un simile dolore nessuno potrà mai vietarci di pensare, dubitare, porci delle domande e di esprimere le nostre perplessità sui tanti lati oscuri che avvolgono questa tragedia.

Per noi la vita ha un valore inestimabile e la morte lascia un grande vuoto incolmabile.

Per questo motivo riteniamo incomprensibile che il dott. De Angelis chieda l’archiviazione, senza aver svolto alcuna indagine sulla parte iniziale di questa vicenda, ossia la più importante: l’arresto di Stefano, sentendo almeno la versione dei testimoni oculari che peraltro danno una versione, sull’operato dei carabinieri, completamente diversa da quella che gli stessi hanno stilato nei verbali.

E’ invece documentato che le uniche indagini sono state effettuate sull’operato delle guardie carcerarie. Ed anche qui apprendiamo versioni che si contraddicono con quelle dichiarateci verbalmente dalle stesse il giorno seguente l’accaduto.

Sarebbero ancora tante le domande senza risposta e non certo di meno importanza ma per il momento ci sembra che bastino…


I fratelli: Ida, Marco e Claudio

domenica 6 dicembre 2009

Io non scordo Stefano Frapporti

Io non scordo Stefano Frapporti. Così come non scordo Carlo Giuliani, Federico Aldrovandi, Stefano Cucchi. Potrebbero essere i miei figli, i nostri figli. Quello che mi stupisce è talvolta l’indifferenza o la scarsa memoria che si provano per casi come questi. Ragazzi magari un po’ fragili in questa società sempre più fredda, distante, preoccupata solo del proprio benessere e mai con l’occhio rivolto alle persone più bisognose. Le forze di polizia che dovrebbero, quando hanno in custodia cittadini, assicurare la loro sicurezza e tutelare i loro diritti, molte volte si trasformano in carnefici.
E’ successo palesemente e con tanto di prove per le morti di Federico Aldrovandi e Stefano Cucchi e solo grazie alla determinazione ed al coraggio dei genitori, familiari e amici si è giunti alla verità anche se non ancora ad una doverosa giustizia. Li vedo i volti di questi ragazzi e penso allo strazio delle famiglie, tuo figlio viene fermato, picchiato, non ti è possibile vederlo e poi ti dicono che è morto, trovando delle fragili giustificazioni che si sfaldano davanti all’evidenza delle tumefazioni, delle botte, della mancanza di soccorso. E’ atroce ed è ancora più atroce che queste cose capitino sempre a chi ha commesso piccoli reati; si è mai sentito di qualche boss della mafia picchiato a sangue? O di imputati eccellenti che hanno rubato fior di milioni, che hanno legami con la criminalità organizzata, che hanno corrotto, imbrogliato, eliminato qualche avversario, ce n’è qualcuno che ha avuto anche solo qualche graffio? No, questi signori siedono più facilmente in Parlamento e quindi non devono temere alcunché. E’ la gente comune, quella magari un po’ diversa, che vive al di fuori degli schemi, quella è la gente della quale approfittano questi “tutori” della legge, forti del loro potere e della loro divisa, pensando di uscirne sempre impuniti.
Io penso che se Stefano Frapporti avesse potuto telefonare alla famiglia, sentire la voce amica della sorella o dei fratelli che lo rassicuravano, che gli dicevano che sarebbero arrivati subito non sarebbe precipitato nell’angoscia che lo ha portato a compiere quel gesto estremo. A volte basta poco, una telefonata, un avvocato, rispondere a dei diritti sacrosanti anche perché non ci si trova davanti a criminali, un minimo di attenzione, di sensibilità soprattutto per chi è incensurato come lo era Stefano Frapporti. Stupisce che in una cittadina come Rovereto possano accadere cose simili e stupisce il fatto che l’intera città non abbia provato il bisogno di manifestare il suo sdegno e la sua solidarietà, ma forse anche questi sono valori dimenticati. Speriamo, anche se ci credo poco, che queste giovani vite spezzate abbiano giustizia: è quello che chiediamo e continueremo a chiedere, partecipiamo in tanti alla fiaccolata di stasera e dimostriamo che questa città non è indifferente o occupata a fare altro, ma è vicina alla famiglia di Stefano. Nives Merighi

Il Trentino, 06/12/2009

La morte di Stefano Frapporti va in scena

Una pièce teatrale che ripercorre le ultime ore di vita di Stefano Frapporti, il suo arresto e la morte in carcere per impiccagione. L’idea è di un ex insegnante di diritto in pensione, Fabio Tittarelli, romano con radici trentine, e la rappresentazione è ormai alle ultime prove. La prima ufficiale sarà il 22 dicembre alla sala Filarmonica, una ricorrenza importante perchè cade a cinque mesi dalla morte del muratore. In scena ci sarà lo stesso Tittarelli, nel ruolo di uno dei due narratori. «Al 90% - spiega - ci basiamo sui verbali delle forze dell’ordine». Tittarelli è rimasto molto colpito dalla tragica fine di Stefano Frapporti. «Sono amico di sua sorella Ida, ci conosciamo da molti anni. Ho un forte legame con il Trentino, mia madre era di Vallarsa e ci torno quando posso. Ho lavorato come insegnante di diritto e materie giuridiche e il caso di Stefano m’ha interessato per le molte lacune e contraddizioni che emergono dai verbali. All’inizio ne volevamo fare un dossier, poi col tempo è nata l’idea di farne una rappresentazione teatrale».
La materia su cui è stato elaborato il testo l’hanno fornita i carabinieri e le guardie carcerarie. «Abbiamo messo in scena ciò che dicono i verbali - spiega Tittarelli - evidenziando come dai documenti ufficiali, per come sono statri costruiti, sia possibile inferire qualsiasi ipotesi. Dalla più banale alla più fosca. Il nostro sforzo è di aprire una serie di scenari possibili su cosa è davvero accaduto in quelle ore». Secondo l’autore, dai verbali emergono «troppe stranezze e incongruenze. Ma non vogliamo darne un’interpretazione precisa, non è quello che ci interessa. Ognuno si è fatto la propria idea. Ci limitiamo ad osservare come dalla versione ufficiale possono uscire tante diverse possibilità».
Il testo scritto da Tittarelli, è in realtà il risultato «di un lavoro di gruppo, ci tenevo che le scelte fossero condivise con il comitato formatosi all’indomani della morte di Stefano». La scelta di affidarsi alle risorse interne per la messa in scena è un’altra scelta forte. «Avremmo potuto rivolgerci ad attori professionisti o dilettanti, forse sarebbe stato più efficace, ma abbiamo preferito inventarci attori e tecnici di teatro, supplendo alle inevitabili carenze tecniche con il nostro entusiasmo». Le prove per ora si fanno il lunedì in una casa privata e il venerdì in una sala pubblica sopra la biblioteca di Isera. Ci saranno anche “slide” con le ricostruzioni grafiche del vari movimenti di Stefano e un video che ricostruisce i vari momenti filmati sui luoghi della vicenda.
Tra gli invitati alla prima, anche i parenti di Stefano Cucchi, morto in carcere a Roma in strane circostanze dopo essere stato arrestato per spaccio.

Il Trentino, 06/12/2009