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Non si può morire così...
Stefano Frapporti era un muratore di 48 anni. Il 21 luglio 2009 andava in giro in bicicletta quando è stato fermato da due carabinieri in borghese per un'infrazione stradale. Portato in carcere perché sospettato di spaccio non uscirà mai vivo dalla cella.

Questo blog nasce dalla volontà della famiglia di ottenere chiarezza su quel che è successo a Stefano e per chiedere che venga fatta giustizia.



ASSEMBLEA PUBBLICA TUTTI I MARTEDI' DALLE 20.00 ALLA SEDE DELL'ASSOCIAZIONE "STEFANO FRAPPORTI" IN VIA CAMPAGNOLE 22.

sabato 5 settembre 2009

Giustizia: morte in carcere di un incensurato, nessuno ne parla

Stefano Frapporti era un muratore di 48 anni di Rovereto. È morto circa un mese fa, nel carcere di quella città, suicidatosi tramite impiccagione con il cordino elastico del pantalone di una tuta. Era stato fermato, al ritorno dal lavoro, da due agenti in borghese con il pretesto di una sua infrazione in bicicletta; pare che i due, invero, stessero indagando sul presunto spaccio di hashish in un bar lì vicino.Frapporti, perquisito senza esito, avrebbe confessato spontaneamente di detenere nella sua abitazione una certa quantità della stessa sostanza; e dunque sarebbe stato lì condotto, senza testimoni e, con tutta probabilità, senza un mandato di perquisizione. La casa, poi, non sarebbe stata "perquisita" dal momento che al mattino seguente non vi era segno alcuno della ricerca che gli agenti vi avrebbero svolto, come se Frapporti avesse indicato loro dove fossero i 99 grammi di hashish ritrovati.Egli avrebbe firmato un modulo con cui rinunciava ad avvertire i suoi famigliari dell’arresto; in seguito la sua richiesta di un contatto con sua sorella sarebbe stata rifiutata a causa di quel brogliaccio. Alcuni poliziotti penitenziari lo descrivono ancora tranquillo e pronto alla battuta alle 23.30, l’ora in cui avrebbe fatto ingresso in cella. Poco dopo veniva rinvenuto cadavere. I familiari, avvertiti il giorno seguente, hanno potuto vedere il suo corpo solo 48 ore dopo.Di questa storia si sono occupate le "solite" testate giornalistiche e i "soliti" ambienti: ovvero è stata raccontata nel mondo antiproibizionista e tra chi si occupa di carcere. Questa storia, che pure ha suscitato molta emozione tra i concittadini del Frapporti, è rimbalzata in questo microcosmo e non più oltre: ovvero non la conosce quasi nessuno.Non è la prima volta che ci occupiamo di morti in carcere avvenute in circostanze poco chiare. Ma questa vicenda chiama in causa, ancor prima, una legge (la Fini-Giovanardi) irrazionale e criminogena, ottusa e crudele, che finisce col penalizzare indiscriminatamente comportamenti diversi, assimilando consumo e spaccio.E chiama in causa, poi, una amministrazione penitenziaria sempre più incapace di custodire in sicurezza i detenuti, specie chi varca la soglia del carcere per la prima volta (è qui che è maggiore la percentuale dei suicidi). Infine. Se la ricostruzione dei fatti fosse davvero quella indicata all’inizio di questo articolo, chiediamo: qualcuno è in grado di motivarne la totale assurdità? Perché in assenza di una spiegazione diversa, il dubbio di un carcere incapace di garantire l’incolumità di quanti vi sono reclusi, senza tutela e senza diritti, si fa sempre più incalzante. E temibile.

di Luigi Manconi e Andrea Boraschi

L’Unità, 4 settembre 2009

martedì 1 settembre 2009

Prossime iniziative

LA MORTE DI STEFANO FRAPPORTI:
UN PROBLEMA DI TUTTI

Continua la mobilitazione per ribadire che la morte di Stefano 'Cabana' Frapporti non passerà nel silenzio.
Sempre più persone lo stanno ripetendo: "Non si può morire così". Stefano è stato ucciso da un arresto (oltretutto illegale, secondo gli avvocati). Durante le iniziative di piazza e le assemblee pubbliche che si susseguono da più di un mese in tanti sono passati dallo sgomento a una diversa consapevolezza. Quello che è accaduto a Stefano poteva o potrebbe capitare a tanti altri. Non è né una tragedia privata né un caso isolato. Solo negli ultimi sei mesi, secondo dati ufficiali, ci sono stati cento morti nelle carceri italiane (65 archiviati come suicidi, 35 per "cause non accertate"). Le testimonianze di violenze perpetrate dalle forze di polizia si accumulano. Più in generale assistiamo a un clima di pesante attacco alle libertà individuali e collettive e a un crescente potere affidato alle forze dell'ordine. S'inganna chi pensa che la faccenda riguardi sempre qualcun altro (ricordate la poesia di Bertol Brecht "Prima vennero a prendere gli zingari..."?).

A morire questa volta è stato un muratore incensurato di 49 anni.

La difesa della nostra vita e della nostra libertà non possiamo delegarla.

Per Stefano.
Per tutti.

ASSEMBLEA PUBBLICA OGNI LUNEDI' ore 20.00
GIARDINI PERLASCA - ROVERETO

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MARTEDI' 15 SETTEMBRE ore 20.30
SALA DELLA FILARMONICA - ROVERETO

Dalla legge Reale al pacchetto sicurezza: come difendersi dai difensori?

Conferenza-dibattito con l'avvocato Giuseppe Pelazza di Milano

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VENERDI' 18 SETTEMBRE ore 20.00
GIARDINI PERLASCA - ROVERETO

Buffet-concerto a sostegno delle spese legali della famiglia di Stefano

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LUNEDI' 21 SETTEMBRE ore 18.00
da PIAZZA LORETO - ROVERETO

CORTEO

A DUE MESI DALLA MORTE DI STEFANO



"Non si può morire così"
familiari, amici e solidali di Stefano