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Non si può morire così...
Stefano Frapporti era un muratore di 48 anni. Il 21 luglio 2009 andava in giro in bicicletta quando è stato fermato da due carabinieri in borghese per un'infrazione stradale. Portato in carcere perché sospettato di spaccio non uscirà mai vivo dalla cella.

Questo blog nasce dalla volontà della famiglia di ottenere chiarezza su quel che è successo a Stefano e per chiedere che venga fatta giustizia.



ASSEMBLEA PUBBLICA TUTTI I MARTEDI' DALLE 20.00 ALLA SEDE DELL'ASSOCIAZIONE "STEFANO FRAPPORTI" IN VIA CAMPAGNOLE 22.

lunedì 26 ottobre 2009

Morte misteriosa a Roma

A tre mesi esatti dalla morte di Stefano Frapporti nella casa circondariale di Rovereto, ci giunge la notizia terribile di un nuovo decesso avvenuto in circostanze misteriose a Roma all'interno del reparto carcerario dell'ospedale Pertini. Pubblichiamo di seguito la notizia.

Detenuto di Regina Coeli muore al Pertini

Manconi e Gonnella: "Morte sospetta"Stefano Cucchi, 31 anni, arrestato per possesso di droga viene rinchiuso a Regina Coeli il 16 ottobre scorso, poi trasferito all'ospedale Pertini di Roma muore subito dopo. Sul suo corpo i genitori hanno riscontrato tumefazioni e lesioni. A denunciare una morte "su cui fare chiarezza e giustizia" sono Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, l'associazione che si batte per i diritti nelle carceri, e Luigi Manconi , presidente di 'A Buon Diritto'.

"La morte di Stefano Cucchi avvenuta all'ospedale Pertini (reparto detentivo) richiede un immediato chiarimento", dichiarano Gonnella e Manconi. "Trentunenne, di corporatura esile, viene arrestato pare per modesto possesso di droga il 16 ottobre scorso - raccontano - Al momento dell'arresto da parte dei carabinieri, secondo quanto riferito dai familiari, stava bene, camminava sulle sue gambe, non aveva segni di alcun tipo sul viso. La mattina seguente, all'udienza per direttissima, il padre nota tumefazioni al volto e agli occhi".

"Cucchi - notano Gonnella e Manconi - non viene inviato agli arresti domiciliari, eppure i fatti contestati non sono di particolare gravità". Dal carcere, invece, viene disposto il ricovero all'ospedale Pertini. "Pare per 'dolori alla schiena'". "Ai genitori non è consentito di vedere il figlio - sostengono ancora Gonnella e Manconi - L'autorizzazione al colloquio giunge per il 23 ottobre ma è troppo tardi perchè Stefano Cucchi muore la notte tra il 22 e il 23 ottobre. I genitori rivedono il figlio per il riconoscimento all'obitorio e si trovano di fronte a un viso devastato".

"Una morte tragica, sospetta - dicono - che richiede risposte dalla magistratura, dall'amministrazione penitenziaria, dai carabinieri, dai medici del Pertini e dalla Asl competente: perchè Stefano Cucchi aveva quei traumi? Perchè ai genitori è stato impedito di incontrare il figlio per lunghi sei giorni? Perchè non gli sono stati concessi gli arresti domiciliari neanche fosse il più efferato criminale?". Manconi e Gonnella concludono chiedendo che vengano "rese pubbliche le foto del viso tumefatto di Cucchi, posto che in Italia capita spesso che i verbali degli interrogatori a base di inchieste importanti vengono immediatamente trascritti sui giornali".

Fonte: La Repubblica, 26 ottobre 2009

venerdì 23 ottobre 2009

«Io non scordo Stefano»

«Io non scordo Stefano». Con questa frase impressa su una serie di striscioni che nel tardo pomeriggio di ieri sono sfilati per le vie del centro, i familiari, gli amici e i sostenitori di Stefano Frapporti hanno voluto ricordare quanto è accaduto tre mesi fa. Il gruppo che si è ritrovato in piazza Loreto era composto da una settantina di persone, di tutte le età. Una voce al microfono ha raccontato del giorno in cui, a poche ore dal suo arresto il muratore di Isera si è tolto la vita in carcere. Ancora una volta i manifestanti hanno messo in luce, anche attraverso i volantini distribuiti ai passanti, i tanti dubbi che nutrono su quanto è successo. Ancora una volta chiedono «perché?». Camminando sotto la pioggia si sono fermati in largo Posta, all'incrocio di corso Rosmini e poi giù, quasi fino al palazzo di Giustizia, facendo spazientire anche qualche automobilista costretto a fermarsi. A chiudere il corteo il solito striscione:«Perché non accada mai più».

L'Adige, 22 ottobre 2009

mercoledì 21 ottobre 2009

Dall'infrazione stradale al suicidio in carcere: «Verità e giustizia per Cabana»

Fermato per un'infrazione stradale. Potrebbe essere questo il motivo che il 21 luglio scorso ha portato all'arresto di Stefano Frapporti, detto Cabana. Una storia incredibile, la sua. Il fermo, poi l'arresto per detenzione di stupefacenti, e infine la morte per suicidio in carcere. Ma è andata davvero così? Sono molte le incongruenze, le stranezze e i lati oscuri che avvolgono la morte dei quest'uomo, che avrebbe compiuto cinquant'anni pochi giorni dopo il suo decesso. A Rovereto, dove si sono svolti i fatti, ormai da mesi è in piedi un comitato per chiedere verità e giustizia. Oggi , a tre mesi dalla morte di Stefano, tornerà in piazza alle 18 con un corteo che parte da piazza Loreto.
E proprio in queste ultime settimane sono emersi nuovi particolari su quel 21 luglio, che potrebbero portare a una svolta nelle indagini condotte dal pm Fabrizio De Angelis. Ci sarebbero infatti tre testimoni. Tre persone che alle 18 del 21 luglio sostavano davanti bar Bibendum, dove è stato fermato Cabana. Secondo la loro testimonianza, a differenza di quanto riferito nel verbale dai carabinieri che hanno operato il fermo non ci sarebbe stato alcun inseguimento e nessuno avrebbe mai intimato l'alt. La scena che si è parata di fronte ai tre testimoni oculari, infatti, sarebbe ben diversa. Hanno visto una macchina civile fermarsi davanti al bar, scendere un uomo non in divisa (ma era un carabiniere) e fermare una persona che sopraggiungeva in bicicletta sul marciapiede in direzione opposta. Quella persona era Stefano, che probabilmente andava a comprare maschera e occhialini per la vacanza che lo aspettava con alcuni amici di lì a pochi giorni. Il militare in borghese lo ferma e gli rimprovera qualcosa: di essere passato con il rosso, o addirittura di avergli tagliato la strada. Auto e bicicletta, insomma, secondo quanto ascoltato dai testimoni si erano probabilmente incontrate pochi minuti prima. Ed era accaduto qualcosa. Un'infrazione stradale. Questa, dunque, sarebbe l'origine del fermo. I due carabinieri, invece, nel verbale offrono tutta un'altra versione. Si trovavano nei pressi del bar Bibendum - a poca distanza dalla caserma - in servizio di «osservazione, controllo, pedinamento» (o.c.p.) nell'ambito di un'operazione per la repressione di reati sugli stupefacenti. Vedono avvicinarsi questa persona in bicicletta e ritengono che potrebbe essere uno del giro dello spaccio. Decidono quindi di intimare l'alt ma lui continua dritto. I carabinieri allora lo inseguono per 50 metri e lo bloccano davanti al bar. Eseguono quindi un controllo (cioè una perquisizione personale) senza trovare nulla. Ma a quel punto - ancora secondo la versione dei carabinieri - è Stefano, molto confuso, che confessa di avere un po' di fumo a casa. Scatta quindi la perquisizione domiciliare. E lì, oltre ai 30 grammi consegnati dallo stesso Stefano, dopo un'accurata perquisizione, viene trovato altro hashish. Scatta l'arresto: Stefano entra nella casa circondariale alle 22,30. Alle 23,15 viene chiuso cella. Alle 24 i secondini lo trovano impiccato con il laccio della tuta che indossava. I tre fratelli verranno avvertiti soltanto alle 10 di mattina. E ora, insieme al comitato, si fanno molte domande. Dove si trovava esattamente la macchina dei carabinieri al momento del fermo? Perché, se la perquisizione a casa è stata minuziosa, i parenti hanno trovato la casa in perfetto ordine? Le nuove testimonianze, poi, aprirebbero tutto un altro scenario. Ammesso che Stefano abbia confessato di avere dell'hashish, si può venire fermati, perquisiti, interrogati per essere passati con il rosso in bicicletta? Le indagini sono ancora in fase preliminare. Gli amici di Cabana si vedono oggi in piazza alle 18.

di Paola Gubbini, tratto dal Manifesto del 21 ottobre 2009

lunedì 19 ottobre 2009

3 mesi

Sono passati quasi tre mesi dalla morte di Stefano Frapporti. Tre mesi di rabbia, di domande, di riflessioni, di solidarietà, di banchetti, di assemblee, di manifestazioni. In tanti e diversi continuano a dire “Non si può morire così” e “Io non scordo Stefano”.

Dovremmo fermarci ora, in attesa di scuse? Coloro che hanno arrestato (oltretutto illegalmente) Stefano sono ancora al loro posto...

Dovremmo fermarci ora, fiduciosi nel corso della Giustizia? Il capo della polizia De Gennaro è stato assolto per i pestaggi di massa durante il G8 di Genova 2001...

Quella sulla morte di Stefano sarà l’ennesima inchiesta archiviata?

Dovremmo fermarci ora? Si respira forse un’aria nuova e migliore?

Lo sgomento è diventato consapevolezza. Perché non accada mai più.


MERCOLEDI’ 21 OTTOBRE

A tre mesi dalla morte di Stefano

CORTEO

ORE 18,00, PIAZZA LORETO

ROVERETO

Non si può morire così

parenti, amici e solidali di Stefano

nonsipuomorirecosi@gmail.com


sabato 10 ottobre 2009

Aggiornamento

L'assemblea settimanale si tiene ogni martedì alle ore 19.30 presso il circolo Santa Maria per confrontarci su quello che noi cittadini possiamo fare ed invitiamo tutti quelli che condividono le nostre sensazioni a partecipare.
Ricordiamo inoltre il prossimo corteo che si terrà il 21/10/2009 sperando che anch'esso non venga ostacolato come quello precedente.