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Non si può morire così...
Stefano Frapporti era un muratore di 48 anni. Il 21 luglio 2009 andava in giro in bicicletta quando è stato fermato da due carabinieri in borghese per un'infrazione stradale. Portato in carcere perché sospettato di spaccio non uscirà mai vivo dalla cella.

Questo blog nasce dalla volontà della famiglia di ottenere chiarezza su quel che è successo a Stefano e per chiedere che venga fatta giustizia.



ASSEMBLEA PUBBLICA TUTTI I MARTEDI' DALLE 20.00 ALLA SEDE DELL'ASSOCIAZIONE "STEFANO FRAPPORTI" IN VIA CAMPAGNOLE 22.

lunedì 24 agosto 2009

Ida Frapporti scrive a Marco Travaglio

Caro Marco,
per la grande stima che ho in Lei, voglio metterla a conoscenza di una tragedia accaduta il giorno 21/07/2009 a Rovereto (TN), "Città della pace".
Sono la sorella di Stefano Frapporti di anni 49, suicidatosi in carcere dopo circa 20 minuti dalla chiusura all'interno della cella. Mio fratello faceva il muratore da oltre 30 anni, era dipendente di un'impresa edile. Non era sposato e viveva da solo da 4 anni. Ha sempre vissuto con i genitori fino a 4 anni fa quando, dopo quasi una vita di duro lavoro e risparmio, era riuscito a comperarsi un appartamentino solamente con le proprie forze finanziarie. Da otto anni, cioè dalla morte della madre, io per lui come sorella maggiore avevo assunto anche il ruolo di mamma, ero il suo punto di riferimento.
Passiamo ora ai fatti: dopo una dura giornata di lavoro di circa 9 - 10 ore, per caso transitava in bicicletta su un marciapiede in una via di Rovereto. Nei pressi di tale via si trova il bar 'Bibendum' e dal verbale dei carabinieri emerge che loro sospettavano che in quel luogo si potesse acquistare del fumo. Mio fratello viene bloccato in malo modo da due agenti in borghese per aver commesso, con la bicicletta, un'infrazione del codice stradale, tutto questo riportato da testimoni oculari.
In seguito ho solo notizie documentate dai verbali dei carabinieri. Questi ultimi verbalizzano che la perquisizione fisica ha esito negativo. Non essendoci altri testimoni oltre i due agenti, dichiarano gli stessi che mio fratello riferisce volontariamente di possedere presso la propria abitazione due spinelli (RIF. Verbale). Sempre basandomi su l'unica testimonianza verbalizzata dei due agenti, vengo a sapere che con la presenza di mio fratello viene perquisito l'appartamento e lì vengono trovati alcuni pezzetti di hashish del peso complessivo di 99,830 gr. Scatta automaticamente l'arresto, gli inquirenti dichiarano che mio fratello rifiuta di informare i famigliari. Viene trasportato in carcere alle ore 22.30, dalle testimonianze che mi vengono riferite di persona delle guardi carcerarie, addirittura scherzava fino alle 23.30, il momento in cui viene rinchiuso in cella. Da quanto mi è stato riferito dal comandante delle carceri, a quel punto esprime il desiderio di telefonare alla sorella ma questo gli viene negato, poiché aveva già firmato il rifiuto di informare i familiari .
Alle 23.50 viene trovato senza vita, si è impiccato con il cordoncino dei pantaloni della tuta. Noi familiari veniamo avvisati per telefono alle ore 10.00 del giorno seguente. Appena avuta la brutta notizia io stessa con le mie chiavi mi sono recata nella casa di mio fratello. Ero allo oscuro di tutto perché le prime notizie riguardo l'accaduto le ho apprese solo tre giorni dopo la morte. Entrando in casa non ho avuto il minimo sospetto che fosse entrato qualcuno, l'appartamento era in perfetto ordine, oserei dire l'ordine maniacale di mio fratello.
Stefano lascia un padre di 85 anni, io casalinga di 54 anni e madre di due figli e altri due fratelli con famiglia. Il dolore della perdita è grande ma non tanto quanto il mistero che avvolge questa tragica fine.
Non si può morire così e non può passare nel silenzio e nell'indifferenza e accettare che tutto ciò sia "dura normalità".

Ida Frapporti

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