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Non si può morire così...
Stefano Frapporti era un muratore di 48 anni. Il 21 luglio 2009 andava in giro in bicicletta quando è stato fermato da due carabinieri in borghese per un'infrazione stradale. Portato in carcere perché sospettato di spaccio non uscirà mai vivo dalla cella.

Questo blog nasce dalla volontà della famiglia di ottenere chiarezza su quel che è successo a Stefano e per chiedere che venga fatta giustizia.



ASSEMBLEA PUBBLICA TUTTI I MARTEDI' DALLE 20.00 ALLA SEDE DELL'ASSOCIAZIONE "STEFANO FRAPPORTI" IN VIA CAMPAGNOLE 22.

mercoledì 19 agosto 2009

Nuovo presidio per Stefano

COS’É SUCCESSO A STEFANO FRAPPORTI?

CONTINUIAMO A LOTTARE PER LUI E PER TUTTI!

“Quello che è accaduto a Stefano ‘Cabana’ Frapporti non può passare nel silenzio e nell’indifferenza. Una parte della città lo sente, lo pensa, lo sussurra. Diciamolo forte, insieme. Accettare che tutto ciò sia solo la ‘dura normalità’ ci rende tutti meno liberi e meno umani”. Questo scrivevamo nel volantino che invitava alla manifestazione del 7 agosto. E il 7 agosto (giorno in cui Stefano avrebbe compiuto 49 anni) una parte significativa, variegata della città lo ha effettivamente detto, e forte: “Non si può morire così”. Sentiamo ancora l’emozione delle parole, dei silenzi intensi, della presenza fisica delle centinaia di persone che hanno voluto partecipare al corteo.

Martedì 21 luglio, finito il lavoro, Stefano sta girando in bicicletta per Rovereto. Qualche ora dopo, viene trovato morto in una cella di via Prati. Un arresto l’ha ucciso. In fondo, la tragica vicenda si potrebbe riassumere tutta con queste parole. Dure quanto basta.
Ma troppe sono le incongruenze, le contraddizioni, le lacune, le omissioni contenute nel verbale di arresto per poterle tacere. Se le attenzioni dell’inchiesta sembrano concentrarsi (casualmente?) su ciò che è o sarebbe accaduto in carcere, per noi le domande cominciano ben prima: in strada e in caserma.
· Perché una persona che non ha precedenti per droga viene fermata e perquisita da due carabinieri in borghese?
· Chi può credere che qualcuno a cui non viene trovato nulla addosso dichiari allegramente e spontaneamente ai carabinieri di avere dell’hashish… a casa?
· Com’è possibile che nel suo appartamento gli uomini dell’Arma trovino dell’hashish “abilmente nascosto” – così scrivono – sotto un mobile senza spostare null’altro in casa (se non un cassetto: le uniche cose, guarda caso, citate nel verbale di perquisizione e di arresto)?
· Com’è possibile che nessuno tra i vicini si sia accorto della perquisizione (operazione solitamente non poco rumorosa)?
· Perché, prima di essere riaccompagnato dai carabinieri, Stefano prende i pantaloni della tuta da ginnastica (col cordino della quale si sarebbe poi impiccato), senza però prepararsi nient’altro per il carcere?
· Perché i jeans e gli indumenti intimi non sono stati riconsegnati alla famiglia?
· Perché nessuno è stato avvisato dell’arresto di Stefano (cosa che già in caserma si sarebbe dovuta fare)?
· Cos’è accaduto davvero in caserma?

Le domande sarebbero tante altre ancora. Ma queste bastano per dire che non crediamo alla versione ufficiale. E che della morte di Stefano continueremo a parlare. A lungo.
Perché così non si muoia mai più.

VENERDI’ 21 LUGLIO dalle ore 18.00 PRESIDIO in PIAZZA LORETO, ROVERETO

“Non si può morire così” familiari, amici e solidali di Stefano


Assemblea pubblica ogni lunedì dalle ore 20.00, ai giardini “Perlasca” di Rovereto.

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