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Non si può morire così...
Stefano Frapporti era un muratore di 48 anni. Il 21 luglio 2009 andava in giro in bicicletta quando è stato fermato da due carabinieri in borghese per un'infrazione stradale. Portato in carcere perché sospettato di spaccio non uscirà mai vivo dalla cella.

Questo blog nasce dalla volontà della famiglia di ottenere chiarezza su quel che è successo a Stefano e per chiedere che venga fatta giustizia.



ASSEMBLEA PUBBLICA TUTTI I MARTEDI' DALLE 20.00 ALLA SEDE DELL'ASSOCIAZIONE "STEFANO FRAPPORTI" IN VIA CAMPAGNOLE 22.

martedì 28 luglio 2009

Si è impiccato col laccio della tuta

Stefano Frapporti non si è impiccato con le lenzuola della cella, ma con la stringa dei pantaloni della tuta che indossava martedì sera. Non ha, cioè, utilizzato in maniera impropria le dotazioni del carcere, ma ha introdotto lui stesso lo strumento con il quale si è ucciso. L’agghiacciante dettaglio fa molta differenza, nell’indagine aperta dal sostituto procuratore Fabrizio De Angelis sul suicidio di una settimana fa. Compito del personale di polizia penitenziaria al quale era stato affidato è di mettere in atto tutte le procedure di tutela possibili per il detenuto. Da un lato, Frapporti non avrebbe dovuto avere nulla con cui poter farsi del male. Dall’altro, le guardie carcerarie, rimaste choccate dall’accaduto, assicurano che il detenuto pareva tranquillo al momento di entrare in cella. Meno di due ore dopo, era morto. La posizione della famiglia, che chiede alla Procura - attraverso un legale di fiducia - di fare chiarezza sui fatti, dal momento dell’arresto alla tragica fine dell’artigiano di Isera, ha trovato conforto nell’apertura di un fascicolo - per ora contro ignoti - da parte del sostituto procuratore De Angelis. Nei prossimi giorni è atteso il referto dell’autopsia, ma è chiaro che dalle risultanze cliniche non ci si attendono novità di rilievo. E’ infatti fuori di dubbio che l’artigiano si sia tolta la vita in maniera volontaria. Qualcosa in più la potrebbero forse dire i verbali di arresto e sequestro, di cui i legali della famiglia attendono copia. Dalle prime risultanze, pare acclarato che l’artigiano non avesse con sé hashish quando è stato fermato in via Campagnole da dei carabinieri in borghese, tutto quanto è stato sequestrato è stato trovato dopo, nell’abitazione del muratore, nel corso della perquisizione domiciliare disposta immediatamente. Stando a quando affermano i carabinieri, lo stupefacente l’avrebbe consegnato lui stesso ai militari durante la perquisizione. Ciò che deve essere passato per la testa in quei terribili istanti da solo in una cella a un uomo che nei suoi cinquant’anni aveva mantenuto la fedina penale immacolata, si può solo immaginare. La perdita della dignità, della reputazione, può essere un colpo tremendo per chi non ha mai conosciuto l’umiliazione del carcere. Dalla quale forse meritava maggiore tutela.

Tratto dal Trentino del 28 luglio 2009

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